Michela Tilli, Tutti tranne Giulia
Radio e TV
Pagine: 208
Isbn: 9788895865652
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: 5 giugno 2012
Leggi come inizia
Isbn: 9788895865652
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: 5 giugno 2012
Leggi come inizia
La storia di una donna che non c'è più, nelle parole di chi resta
Giulia non c’è più, ma la vita, quella degli altri, continua. Dicono che sembrava felice, che non era depressa, che non ne aveva motivo. Dicono che non le mancava niente. E allora perché? Forse è tardi per chiederselo, o forse c’è ancora qualcosa che si può comprendere.
Attraverso le vicende di chi resta – del marito che scopre che le altre donne sembravano più attraenti quando era sposato, dei figli ormai grandi che scendono a patti con la loro identità, dello psicoterapeuta che non l’ha capita abbastanza e del maresciallo che non crede al suo suicidio – emerge in filigrana la storia della protagonista, la grande assente, e delle ragioni che l’hanno portata a commettere un atto che potrebbe sembrare di disperazione, o forse di follia, o addirittura di assoluta libertà.
«Una bella conferma» (MarieClaire)
Michela Tilli
Michela Tilli è nata a Savona nel 1974 e vive a Monza. La vita sospesa è il suo primo romanzo, a cui è seguito Tutti tranne Giulia. Nel 2015 ha pubblicato per Garzanti il romanzo Ogni giorno come fossi bambina.
Come inizia
Come ogni altra mattina il dottor Da Col si alzò alle sette, andò in bagno per liberarsi la vescica, radersi e lavarsi, si vestì, fu sorpreso dal consueto piacere nel sentire il segnale acustico della caffettiera elettrica che annunciava che il caffè era pronto, si chiese se fosse lecito provare una piccola gioia in un giorno triste come quello, se ne dimenticò bevendo il caffè, se ne ricordò nel momento in cui cambiava l’acqua al gatto e gli versava il cibo nella ciotola, salutò la bestiola, chiuse la porta a chiave e alle otto meno venti si diresse a piedi verso il suo studio.La mattina era fredda e il dottor Da Col, poggiata la valigetta tra i piedi, chiuse la lampo del giaccone fin sotto al mento, osservando il fiato formare dense nuvolette nell’aria. Di fronte a lui il sole nascente infuocava il cielo. Interdetto, controllò l’orologio, si rammentò che l’ora legale avrebbe ingannato le giornate ancora fino a sabato, e riprese a camminare. Nei giorni successivi avrebbe dovuto tirar fuori il cappotto dalla custodia e fargli prendere aria, spostare i maglioni più pesanti al ripiano di sotto dell’armadio, quello più facile da raggiungere, lavare, stirare e imbustare i vestiti leggeri ormai inservibili, in altre parole mettere in atto quello che sua madre chiamava cambio di stagione, e che due volte all’anno dava alla casa della sua infanzia a Genova un’allegra aria di trasloco e rivoluzione, tra piume che svolazzavano e pagine di quaderno che frusciavano nella corrente delle finestre spalancate. Più volte si era detto che, possedendo ormai un armadio a due ante e vivendo da solo, sarebbe stato inutile perdere due intere giornate all’anno in quell’attività, ma a ogni cambiamento climatico bastava una telefonata della mamma perché in lui scattasse la voglia di arieggiare la camera, salire sulla scala, piegare, impilare e passare in rassegna il suo guardaroba, piuttosto scarso e monocolore a dir la verità, assaporando il piacere di un’azione antica e familiare. Con un piccolo salto baldanzoso superò uno spazzino che soffiava le foglie secche verso un grosso mucchio che andava crescendo nei pressi di un furgoncino bianco, attraversò la piazza rotonda del re di sasso seguendo la lunga traccia delle strisce pedonali e approdò con sollievo nella zona a traffico limitato. Da lontano il dottor Da Col squadrò con soddisfazione l’elegante palazzina gialla che ospitava il suo studio; tuttavia, entrando, provò un certo disagio per il proprio compiacimento, cercò di cancellare ogni sorriso che gli si fosse disegnato sulla faccia contro la sua volontà, salutò in fretta la portinaia e salì le scale fino al primo piano, entrò, accese le luci, appoggiò la valigetta e la giacca, aprì le imposte nella sala d’attesa, tornò nella sua stanza e si sedette alla scrivania, e a quel punto si chiese con quale stato d’animo avrebbe accolto gli altri pazienti ora che Giulia, che per due anni era entrata in quello studio tutti i martedì alle dieci, si era tolta la vita.
Rassegna stampa
I libri di Michela Tilli pubblicati da Fernandel: