a cura di Maria Luisa Savorani
a cura di Maria Luisa Savorani
Gli autori, le autrici:
È il titolo del libro curato da Maria Luisa Savorani e pubblicato recentemente da Fernandel. Che il cibo sia fonte di gioia è noto a tutti ed è particolarmente apprezzato quando si consuma insieme, quando diventa mezzo di comunicazione e di socializzazione. Ma questo libro non parla solo di curiosità culinarie ma costruisce intorno al cibo una rete consistente in riferimenti letterari, simbolici, in episodi particolari della vita, come la gravidanza, (in cui il cibo, per il bambino, diventa rapporto con il mondo) di tradizione. Maria Luisa Savorani ha raccolto in questo libro i saggi molto interessanti scritti da diversi autori. Dal 1987 al 1990 collabora all'Accademia Artesiana di Forlimpopoli in qualità di membro del consiglio direttivo. Con passione studia il cibo sotto l'aspetto teologico, antropologico e terapeutico. Ogni autore ha espresso in maniera molto personale il suo punto di vista sul cibo. "Emanuela Belsito attraverso racconti e testimonianze esamina alcuni vissuti che hanno come oggetto il cibo. Fabiano Guatteri svela i significati simbolici dell'olio, del pane e del vino, che sono complemento essenziale della tavola. Maria Luisa Savorani esamina la figura della Madre attraverso il linguaggio della Dea e del Mito, con la convinzione che in un ambito domestico cucinare e condividere il cibo sia una forma di dialogo che contribuisce a fortificare la relazione. Paola Vitti sottolinea gli aspetti più importanti del rapporto fra cibo e gravidanza. Ileana Ambrosio mette in relazione l'esperienza del gusto con il legame materno e la partecipazione alla vita. Matteo Pini racconta come gli oggetti di cucina possano interpretare i bisogni della persona e favorire un piacevole rapporto con il cibo". L'argomento è di grande interesse, come dimostrano i dipinti di grandi autori che ad esso hanno dedicato cura ed attenzione.
Provo sempre un po’ di timore, lo ammetto, nell’approntarmi alla lettura di un saggio. Timore di un testo talmente scientifico da risultare freddo, di una scrittura così attenta ai concetti che si vanno a esprimere da risultare, spesso, poco accattivante. Timore, insomma, di sentirmi chiusa fuori, esclusa da ciò che l’autore, per paradosso, tenta di portare alla mia attenzione. Oppure di ritrovarmi ingabbiata in una serie di regole necessarie alla fruizione. O, più semplicemente, di annoiarmi.
In questo senso, Il cibo. Una via di relazione mi ha piacevolmente stupita. La varietà, intanto: si tratta di una raccolta di testi redatti da autori vari e curata da Maria Luisa Savorani, al cui interno trovano posto capitoli a genere saggistico, ma anche brevi racconti, poesia e persino qualche ricetta della tradizione italiana. Si susseguono pagine che attingono all’esperienza umana e professionale degli autori (e che lasciano trapelare in più di un’occasione sensibilità e una volontà evidente di incontrare l’altro, ad esempio nei paragrafi dedicati al cibo come comunicazione) a pagine di carattere storico e antropologico (nei capitoli sui miti correlati al pane e al vino e sul culto delle dee Madri – archetipi della femminilità, di colei che è preposta per tradizione al nutrire).
Le sezioni dedicate nel dettaglio alle situazioni esistenziali in cui l’alimentazione necessita di particolari specificità (la gravidanza, la maternità, la malattia, le fasi di ricerca del sé anche attraverso l’ascetismo) si alternano a brevi scritti poetici e intimistici, come pagine di diario, toccanti nella loro autenticità. Il tutto contraddistinto da un desiderio dichiarato, tra le righe e nel titolo stesso del libro, di toccare corde intime davvero in chi legge, tanto a livello di comprensione quanto in senso emotivo. Argomentando, con esempi chiari e cognizione di causa, la necessità di riappropriarci del senso profondo del cibo: quello di comunicare con il mondo intorno e con quello interiore, sino al riappropriarsi della identità propria e del contesto socio-culturale. Quello di nutrire, e non tanto materialmente, quanto piuttosto con il dono stesso del cibo, il modo in cui viene portato, l’intenzione finale del gesto di preparare e offrire.
Gli alimenti e le bevande primarie, come il pane e il vino, assumono così una straordinaria semantica intrinseca: attraverso il cibo e la maniera di sceglierlo e di porgerlo a noi stessi e alle persone che ci circondano, possiamo dire anche senza parole, comprendere l’altro, offrire aiuto, amore, solidarietà. In questa ottica, ecco che la cucina diviene luogo privilegiato in cui utilizzare la comunicazione non verbale, ma pure posto di incontro per eccellenza, di condivisione e confidenza, fucina di creatività in cui il sapere e il saper fare vengono tramandati di madre in figlia, il luogo pulsante di ogni casa.
La lettura di questo libro ti fa sentire “ricevuto”, e non già in un salotto tirato a lucido e formale, quasi asettico nella sua perfezione, ma in una cucina calda, profumata di storia e di rispetto, popolata da leggende antichissime che tornano a vibrare. Il linguaggio utilizzato, anche nelle sezioni più scientifiche, è sempre fruibile, la scrittura scorrevole e il percorso lineare, così da non perdere alcuna sfumatura di gusto. Un saggio che ti accoglie e riscalda, che ti invoglia a recuperare il piacere di ricevere e offrire, nella consapevolezza di ogni piccola sfumatura dell’atto.
“Il cibo e la tavola sono codici comunicativi completi che fanno da specchio alle nostre condizioni psichiche e sociali. […] Il pranzo costituisce un’unità che coinvolge una molteplicità di atti culturali e formativi. Il momento conviviale può divenire una connessione di senso, una modalità di vivere, un’apertura sul mondo. […] Riconquistare lo spazio della cucina come espressione, come cura dell’altro e di sé, come momento profondamente vitale diventa un atto libero che ci rende protagonisti attivi della nostra vita e ricrea un dialogo.”
Non può sfuggire che il cibo, e il nostro rapporto con il cibo, ha assunto negli ultimi anni un'importanza - e attira un'attenzione - particolare. Prima con i segnali del rapporto col cibo come terreno in cui si esprime un disagio, con i fenomeni socialmente in crescita del disequilibrio, e sempre più si è sentito parlare di anoressia e bulimia, colpevolizzando, a torto o a ragione, la società dell'immagine con i suoi miti. Ma in seguito si è assistito sempre di più a una maggiore riflessione sul cibo, dall'attenzione dedicata alla tavola da trasmissioni televisive, a dibattiti e una ricerca di emozione sempre più intensa (a una cultura sempre più approfondita) sia tra gli addetti ai lavori che tra gli appassionati che dedicano alla cucina il tempo libero, per finire alla fortuna di tante tra manifestazioni e iniziative dedicate al gusto, alla gastronomia, alle connotazioni culturali dei prodotti e delle preparazioni. Come mai il cibo riveste tanta importanza nella nostra società, e come avviene che una società 'sceglie' una via di espressione di bisogni profondi piuttosto che un'altra?
Il cibo è infatti un bisogno primario, il bisogno primario per eccellenza, ma anche quando c'è e non manca, in una società opulenta, si riveste di significati che strabordano quelli letterali. Risponde alle domande, e provoca una interessante riflessione sul nostro rapporto col cibo, il libro 'Il cibo - una via di relazione' curato da Maria Luisa Savorani, edito da Fernandel, e dedicato "A tutti coloro che desiderano incontrare se stessi". Maria Luisa Savorani, docente di Tecniche di cucina e Cultura del gusto, collaboratrice dell'Accademia Artusiana di Forlimpopoli, è al terzo libro sull'argomento: ha scritto nel 2000 Il cibo, una via di trasformazione e nel 2004 Gusti e sapori misuratori di tempi e di epoche: si occupa in particolare di cucina tradizionale e terapeutica. Nel libro ha raccolto sei saggi di altrettanti autori, attorno alla tesi secondo cui il cibo è una fonte di piacere, di gioia e di dono, insomma una fonte privilegiata di relazione, e per questo va sottratta alla considerazione riduttiva di semplice merce: piuttosto, è elemento di costruzione di un'identità, di un sapere, e di un nostro modo di percepire la realtà. Viene raccontato il caso di un bambino difficile che dà in escandescenze ed esprime la disperazione dell'abbandono, percependo mancanza di amore e attenzione nella scelta della madre della marca di patatine sbagliata: Emanuela Belsito e Maria Luisa Savorani spiegano al proposito il diretto legame: «...Si deve partire dal presupposto che ogni gesto comunica qualcosa di sé (...) Non a caso incontriamo volentieri persone che fanno parte di un nostro felice passato, ed evitiamo accuratamente tutto quello che può ferirci (...) perché ogni incontro, sia pure un inaspettato odore di cibo, ci fa cadere vorticosamente indietro nel tempo, quando in altre occasioni sentimmo quello stesso odore, in situazioni diverse e con persone diverse. Noi viaggiamo nella vita inconsapevoli che alcuni paesaggi intorno a noi sono coperti da veli; a volte incontriamo indizi che provocano un disvelamento, e scopriamo, con estrema meraviglia, ciò che ci ha sempre accompagnato, ma che non eravamo capaci di vedere».
Per confermarlo basta richiamare, tra tanta importanza del cibo nella letteratura, nel cinema e nell'arte, all'immagine più famosa di un alimento come veicolo di emozioni, la 'madeleine' nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust: i biscotti il cui profumo e sapore rievocavano nel protagonista l'infanzia e i suoi vissuti; tanto che le 'madeleines' sono diventate sinonimo di 'significati e ricordi'. E chi può dubitarne, dopo esserci lasciati alle spalle, in attesa dell'anno prossimo, i profumi inconfondibili della tavola di Natale?
«Riconquistare lo spazio della cucina come espressione, come cura dell'altro e del sé, come momento profondamente vitale, diventa un atto libero che ci rende protagonisti attivi della nostra vita e ricrea un dialogo. I cibi preconfezionati risulterebbero inadeguati a questo, non per un'accezione culturale o estetica, ma perché privano la persona di quel cammino autentico verso la crescita che ci prepara al dialogo e alla relazione. Il cibo non è statico, nemmeno ripetitivo, ma ha sfumature che cambiano, così come la vita vissuta si modifica e modifica» sostiene Maria Luisa Savorani. «L'autocoscienza può passare anche dalla cucina».