James Kochalka, Sketchbook Diaries #2

Il diario a fumetti di James Kochalka (volume secondo)

Sketchbook-Diaries-2
Pagine: 192
Isbn: 9788887433845
Collana: Illustorie
Data di pubblicazione: 1 marzo 2007
Traduzione di Elena Battista


Dopo l’ottima accoglienza della critica e l’entusiasmo dei fan italiani, Fernandel prosegue la pubblicazione degli Sketchbook Diaries di James Kochalka. In questo secondo volume, che abbraccia gli anni 1999-2001, ritroviamo l’universo tenero e allo stesso tempo ferocemente contemporaneo dell’autore. È il diario dell’anno in cui Charles Schulz ci lascia, un disegnatore al quale Kochalka viene spesso paragonato per la capacità di cogliere con acume e delicatezza tutto il paradosso dell’esistenza. Ma è anche l’anno in cui James, scoraggiato, decide di abbandonare il progetto della striscia quotidiana, per poi riprenderlo, due mesi dopo, perché i suoi diari «sono la sola speranza di dare un senso alle cose».

«James Kochalka è uno dei fumettisti più divertenti della nuova generazione americana» (David Vecchiato, “Repubblica XL”)
 James Kochalka
James Kochalka è nato nel 1967 a Springfield nel Vermont, Stati Uniti. Sua madre dice che ha iniziato a disegnare ancora prima di imparare a camminare. Dopo aver lavorato sei anni come cameriere in un ristorante cinese (episodio che è descritto all'inizio del primo volume degli Sketchbook), si è dedicato unicamente ai suoi fumetti. Vive a Burlington, sempre nel Vermont, con la moglie Amy, il figlio Ely e il gatto Spandy.
 L’universo di James Kochalka è gentile e bizzarro. Il suo stile essenziale e personale mischia allegramente autobiografia e fiction. Ha iniziato autopubblicando la sua fanzine, "James Kochalka Superstar" (8 numeri, pubblicati negli Stati Uniti dalla Top Shelf con il titolo “Magic Boy e la sua ragazza”). Estremamente produttivo, ha pubblicato parecchi libri per i principali editori indipendenti americani (Alternative Comics, Top Shelf, Highwater Books, Slave Labor Graphic, Black Eyes Books). I suoi ultimi libri hanno vinto e sono stati finalisti dei principali premi americani dedicati al fumetto (Ignatz award, Eisner award, Firecracker Alternative Books award e Harvey award).
Ha iniziato il suo diario a fumetti nel 1998, cercando di rispettare la regola di disegnare ogni giorno una striscia. Queste storie sono state prima pubblicate su giornali e riviste, e poi Top Shelf le ha raccolte in quattro volumi intitolati appunto “Sketchbook diaries”.
Il suo sito è www.americanelf.com, sul quale si possono seguire giorno per giorno i suoi Sketchbook.

Rassegna stampa

Intervista a James Kochalka.

1. Come è nata l’idea di un diario a fumetti?
Ho disegnato molte graphic novels, ma dopo un po’ ho iniziato a pensare che la struttura di base di un romanzo sia una bugia. Le storie incentrate sulla nostra vita non si strutturano in modo così chiaro. Al contrario si intrecciano fra loro, iniziando e terminando tra passi in avanti e improvvisi stalli che si alternano senza fine. Ho pensato che un diario quotidiano a fumetti potesse essere uno strumento più efficace per catturare il senso di cos’è realmente una vita umana, ottenendo un risultato più veritiero di quello che potrei ottenere da un romanzo o da una graphic novel. Inoltre il diario giornaliero è un genere letterario diffuso, comune, e le vignette quotidiane sono un genere altrettanto comune. Ha quindi senso sposare queste due forme di quotidianità creativa.

2. In questo secondo volume dei tuoi Sketchbook Diaries c’è un periodo di vuoto della durata di alcuni mesi, nel quale hai smesso di disegnare le tue strisce quotidiane. Poi però hai ripreso: ci sono stati altri momenti “di crisi” nella storia del tuo diario a fumetti?
No, quello è stato l’unico periodo in cui ho sospeso la striscia quotidiana. La cosa divertente è che ho abbandonato le vignette giornaliere perché sentivo che mi stavano prosciugando le energie creative. Ho pensato che se avessi smesso di disegnare le strisce quotidiane, avrei avuto più tempo per lavorare su una graphic novel o altro. Ma la perdita emozionale del fare il diario è stata troppo grande. Quando ho abbandonato il diario per pochi mesi, ho smesso di disegnare del tutto. Questo significa che il diario non prosciuga affatto le mie energie creative, ma al contrario è una fucina di creatività che mi permette di essere sempre carico.

3. Dialoghi e illustrazioni nascono già così come li vediamo oppure arrivi pian piano alla vignetta definitiva?
A volte passo molte ore a disegnare, cancellare e riscrivere prima di arrivare alla versione che leggi. Spesso però è quella della prima stesura. Direi che per completare la striscia ogni giorno impiego una o due ore.

4. Secondo te ci sono differenze fra il primo e il secondo volume dei tuoi Sketchbook?
Ho faticato di più con le vignette del secondo volume. Avevo paura di non trovare un editore che pubblicasse le strisce, e che il tutto fosse una colossale perdita di tempo. Il solo pensiero di lavorare così duramente su un qualcosa che percepivo come il mio capolavoro, ma che al contempo potesse essere incapace di interessare gli editori… ecco, era snervante. Era difficile disegnare. Ma nel corso dell’anno le mie energie creative sono ritornate. Penso che dalle vignette si noti la mia discesa e la successiva trionfante risalita. In ogni caso ho trovato una buona soluzione per prevenire un futuro blocco creativo: mai fermarmi a pensare a quello che sto facendo, solo creare, creare, creare.

5. Quali sono le tue influenze artistiche?
Mi ha influenzato tanto Picasso. L’idea di una vita creativa senza fine con la produzione di un’enormità di lavoro è molto romantica e mi affascina. Tuttavia hanno avuto una grande influenza su di me anche centinaia e centinaia di artisti molto meno conosciuti. Sono un divoratore di arte contemporanea, musica e fumetti.

6. Sei anche un musicista: qual è la relazione tra i fumetti e la musica? L’approccio è lo stesso o è diverso?
Scrivere musica e disegnare fumetti sono le mie attività quotidiane. Mi piace creare continuamente. Più il tempo passa, più tutti i miei sforzi creativi (fumetti, musica, dipinti, conversazioni, cucina, qualsiasi cosa) si influenzano tra loro. In tutto quello che faccio preferisco lavorare velocemente facendo volare la mia immaginazione nel modo più libero possibile per vedere dove mi porta.

«James Kochalka: prigioniero di un diario» (David Vecchiato, «Repubblica XL», maggio 2007).

E’ il diario a fumetti che ha iniziato a disegnare nel 1988. Lo leggi e dici “tutto qui”? Ma poi non riesci a smettere. Perché la vita di tutti è un proprio così: un po’ scema e molto ripetitiva.
“Questi diari a fumetti sono la mia unica speranza di dare un senso al tutto. Definisco chi sono e qual è il mio posto in questo mondo. Sono perso senza di loro”. Così si presenta il fumettista quarantenne James Kochalka. Di lui vi avevamo già parlato presentando i suoi Sketchbook Diaries su XL 5 del gennaio 2006. Ora finalmente è arrivata la seconda parte del suo lavoro e non abbiamo voluto perdere l’appuntamento. Perché Kochalka è uno dei migliori fumettisti della nuova generazione Usa. A metà tra due generi letterari come il diario e le vignette quotidiane, le sue strisce sono iniziate quasi per gioco nell’ottobre del 1998 e presto sono diventate l’irrinunciabile appuntamento di ogni sera. Statunitense, autore di fumetti e leader di una rock band, i James Kochalka Superstar, James ha sempre subito il fascino della vita creativa e forse per questo che si è lanciato in un impresa che può apparire folle: seguire passo passo quel che gli passava per la testa e gli attraversava le giornate. Un romanzo? No, perché lui necessariamente gli racconta bugie. “Le storie incentrate sulla nostra vita non si strutturano in modo così chiaro. Al contrario si intrecciano tra loro, tra passi in avanti e improvvisi stalli. Ho pensato che un diario quotidiano a fumetti potesse essere uno strumento efficace per catturare il senso di cos’è realmente la vita umana, ottenendo un risultato più veritiero di quello che potrei ottenere da un romanzo o da un graphic novel”. Eppure, come leggiamo nella strip del 19 febbraio 2000 grida a sua moglie “E’ da quando ho cominciato che vorrei smettere!”. Del resto, dopo un anno di produzione James aveva ottenuto solo rifiuti. “Avevo paura di non trovare un editore che pubblicasse le strisce, e che il tutto fosse una colossale perdita di tempo…”. Ma poi affina una tecnica invincibile: “Mai fermarmi a quello che sto facendo, solo creare, creare, creare”. Fino a diventare un oggetto di culto.
E così i particolari della vita di James, comuni a tante altre, diventano trama. L’odioso squillo del telefono, la tv che si vede disturbata malgrado decine di cavi e antenne, il temporale che spalanca la finestra in piena notte e ti bagna, la “mappa delle punture di zanzara”… “A volte mi chiedo se queste strisce valgano davvero la pena. Sono un po’ ripetitive. Ma sono come la vita… E’ sciocca, ripetitiva e mi piace”.

«James Kochalka Superstar» (Vittore Baroni, «Pulp», maggio-giugno 2007).

Fresco di stampa per Fernandel è il secondo volume del diario che dal ’98 impegna JK, uno dei più interessanti esponenti del fumetto indipendente Usa, nella realizzazione di una lirica e minimale striscia quotidiana. L’artista, dal morbido e accattivante segno pseudo – infantile, non è conosciuto solo per i pluripremiati Sketchbook Diaries (in patria American Elf). Anzi, non si contano più i romanzi grafici, le storie brevi e le serie prodotte per i più noti marchi internazionali: si va da opere rivolte ai più piccoli a favole con implicazioni filosofiche (Sunburn) o a serie sessualmente esplicite (le rane arrapate di Fancy Froglin) senza dimenticare albi di successo come la sfrenata parodia superomistica dei Super F*ckers, una squadra di teenegers che usa a sproposito i superpoteri. Come non bastasse, Kochalka ha anche registrato sette album col gagliardo gruppo punk rock immodestamente denominato James Kochalka Superstar, popolare nel circuito dei college, di cui è facile trovare in rete assaggi in Mp3. Ad esempio nel sito ufficiale www.americanelf.com , dove ogni giorno l’autore presenta in anteprima una nuova pagina del suo diario.

E’ curioso, perché in Italia leggiamo i tuoi diari del 2001 senza sapere cosa ti è accaduto nel frattempo…
Il cambiamento più importante dei successivi volumi del diario è stato l’introduzione di un nuovo personaggio molto popolare, nostro figlio Eli. Amo fare il padre, e ci divertiamo un sacco insieme. Ciò non ha affatto rallentato la mia produzione artistica. Beh, forse all’inizio quand’era neonato, ma poi o svolto la stessa quantità di lavoro di sempre. Sto creando un sacco di libri di bambini al momento, nessuno dei quali è stato ancora pubblicato. Ma lo saranno presto. Il primo si intitola Squirrelly Gray e uscirà per la Random House.

Con American Elf hai rivoluzionato il formato della Daily Strip, sostituendo la battuta finale con una sorta di epifania: fugaci occasioni felici scovate nella vita quotidiana. Concordi?
Sì, suppongo sia vero. Nella striscia riesco a trovare piccoli momenti di beatitudine anche in situazioni piuttosto deprimenti. La mia vita emozionale è molto volatile. Sono un ottimista e ho una disposizione molto positiva nei confronti dell’esistenza, ma nella vita di tutti i giorni incontro molti impedimenti creati dalla mia stessa psiche. La striscia mi aiuta probabilmente a da aggirarli.

Fino a quando continuerai a tenerlo il diario?
Non ho alcun problema di smettere. Ma non ho neppure alcun programma di continuare in eterno. Vedremo quel che accadrà. Più continuo a disegnarla e più la striscia migliora, ciò quindi mi motiva ad andare avanti.

Su quali letture si è formato il tuo stile narrativo, solo all’apparenza molto semplice, e cosa leggi oggi?
Sono stato un lettore vorace da bambino e da giovane. Ho letto tanti ottimi classici e anche molti romanzi non altrettanto buoni. E ho letto un sacco di fumetti. Nell’adolescenza, la mia famiglia non possedeva una televisione. Nell’ultimo paio di anni ho letto libri di Etgar Keret, Eric Chase Andersen, Kelly Link, George Saunders, Nick Page, Tove Jansson. Ho letto anche una quantità di fumetti e romanzi grafici, e ho giocato a una tonnellata di videogiochi.

Robert Crumb, Peter Bagge, Mike Allred, Archer Prewitt, James Kochalka… Perché così tanti fumettisti sono anche musicisti? Ti ascolteremo mai in Italia?
Le persone creative tendono ad essere creative in qualsiasi campo si cimentino. Materiale interessante trabocca fuori da un’esistenza creativa in qualsiasi ora del giorno. Ho fatto due tour in Danimarca e in Svezia, ma solo perché i miei amici danesi dell’etichetta Crunchy Frog si sono occupati di organizzarli. In Italia è poco probabile, ma non si può mai sapere.

Dopo aver prodotto così tanto nell’ultimo decennio, hai ancora un tuo sogno nel cassetto?
Qualsiasi progetto è per me un sogno nel cassetto! Ma ci sono in effetti delle proposte che ho tentato di far pubblicare incontrando delle resistenza. Uno, un libro dei miei piccoli dipinti. Due, un libro di storie di Orso Giallo che invento a Eli prima di metterlo a letto.

«Per San Valentino c’è una toccata di tette» (Massimo Galletti, «Blue», maggio 2007)

Dentro ai diari di James Kochalka. Lo so, lo so che è paradossale, che questi sembrano proprio in tutto e per tutto quel tipo di disegnini sui quali ci si può esporre quasi in qualsiasi modo, dall’artistico e poetico all’incapace e sciatto, secondo i diversi guasti e sensibilità, ma ficcarli su un pagina di “Blue” spacciandoli per prototipo di erotico nel fumetto non erotico sembra davvero tirato per i capelli. E però…: è che nasce tutto così e non posso che iniziare da questo libro.
Il primo “ma toh ma guarda te” è un bonus del 26 novembre, giorno del ringraziamento, roba sacra per gli states. C’è già una strip sia per il 26 che per il 27 novembre, ma il giorno speciale pare meriti una striscia in più, e così sotto il titoletto “Ringraziamento” ci stanno quattro disegnini, esemplificativi delle didascalie, e di quattro azioni ben precise a riassumere il giorno di festa e, credo, a ringraziare…
Didascalie: - Mangiare il tacchino – Fumare il sigaro – Leccare la passera – Dormire in auto. Olè.
Lo stavo leggendo da un paio di giorni, qualche pagina alla volta, a spizzichi e bocconi: Sketchbook Diaries di James Kochalka, edizioni Fernandel. Sarò scostumato e sincero, gli spizzichi e bocconi erano un po’ aiutati dal fatto che me l’ero appoggiato in bagno. Ma anche dal fatto che non appassionava proprio tanto tanto, diciamolo.
Di Kochalka sentivo parlare da qualche anno, zona indie – underground, c’è chi lo spaccia come una delle cose da leggere assolutamente, poesia, nuovi confini, cose così. Questo è il suo primo libro italiano, e io obbedisco, e leggo. Si presenta come diario, ma è più un esercizio, un po’ retorico, un po’ spirituale, e un po’ di stile. Un diario fatto a strisce proprio strip, quotidiane, appunto, quattro quadratini a formare un quadratone, una al giorno almeno per un anno, questo è l’imperativo che si dà l’autore e che a me tocca subire. Già perché un po’ gioco, un po’ ricerca di poetica, l’altro imperativo di Kochalka è quello ogni giorno di mettersi lì e in quelle quattro vignette raccontare non il suo sogno, ma una cosa del suo giorno: “esplorare il ritmo della vita quotidiana, diventare più consapevole di quel che significa davvero vivere”. La teoria è ok.
Un giorno gioca al game boy, uno si fa un panino col tonno, uno non ha voglia di alzarsi, un altro la pioggerellina scioglie la neve…, ecco, carino, però facciamo che il compito di leggerlo io lo svolgo qualche striscia al giorno mentre faccio la cacca, così unisco anche quotidiano al quotidiano, e poi tanto la trama non si interrompe…
Kochalka ha una moglie, Amy: baci e scazzi e molte vignette insieme. Il giorno prima del ringraziamento quando le dice “adesso sono in fregola per la patatina da dove fai la pipì” lei ridacchia sorridendo. Mesi dopo lui le chiede scusa per non averle ancora detto che è bello il suo nuovo taglio di capelli, lei ringrazia e poi: “e del mio culetto, cosa ne dici?”. Sempre sorridacchiando. Kochalka ci mostra una Amy complice e amata sempre, anche nelle incomprensioni e nelle cose quotidiane. Ma quando il diario, e quindi il racconto di azioni e pensieri di persone che sappiamo reali, l’autore e sua moglie, si fa più sfacciato, toccando con candore corde più intime, allora diventa tutto più credibile e interessante; ok, se mi racconti anche i segreti sulla passera ascolto con più interesse anche quelli sul cappotto e la carta igienica, sei sincero e tutto si tiene. Il diario non è diventato appassionante, ma simpatico sì.
Per San Valentino c’è una toccata di tette che termina con una erezione. Il primo maggio lei è nuda e l’alito di lui è dolce nei postumi dell’amore. Il 13 luglio il letto ha un odore sexy. Il primo settembre James chiede ad Amy se si masturba mai sul lavoro lei risponde chiedendo se gli piacerebbe se lei lo facesse. E un’altra decina di giornate con strip più o meno sessuali, tra una trecentina diversamente quotidiane. Quotidiane come quelle sessuali. Sincere e sfrontate anche quando sfidano il nulla come quelle sessuali. Il gioco è questo.
Ma funziona anche al contrario. E ci sono i McDonald e i grugni e i cieli stellati e le carezze alla gatta che rendono credibili e appetibili il sesso quando c’è.
Il 29 maggio 1999 “disegnare Amy con la mutandine e la maglietta sollevata è una cosa che mi piace molto” sta tra un giorno in cui misura la gatta e uno in cui fa il bagno nel mare gelato. Il 5 giugno 1999 “felicità è mia moglie nuda di fianco a me” sta tra un giorno con una vecchia t-shirt e uno con un guanto sudato. I disegni e i pensieri con la moglie nuda mi sembrano, lì in mezzo, splendidi. Gioiellini in cui l’amore si fonda col corpo e la carne e il pensiero miracolosamente dentro a curve naif e disegni pupazzetteschi. Siamo o non siamo dalle parti dell’erotismo? E non lo siamo forse anche e proprio perché sono gioiellini incastonati dentro a trecento strisce di credibile altro? Certo, c’è anche lo sguardo dell’autore: Kochalka se la tira qua e là col cielo e la neve e varie, ma quando ci disegna Sofi ed Estefania al festival del comic di Lisbona, saranno pupazzetti ma le disegna con curve ed espressioni che ce la dicono lunga sui pensieri dell’autore…
E, insomma, comunque: se i veri fumetti erotici fossero quelli mimetizzati naturalmente dentro ai fumetti non di genere “erotico”? Se il sesso a fumetti per funzionare davvero avesse bisogno di sfondi più reali, e di tempi tra una penetrazione e l’altra in cui occhi, e corpi, si riconoscano, si cercano, si rendano credibili? Se il paradosso di un segno lontano dal realismo e vicino alla leggera ironia come quello di Kochalka fosse in fine il più ingenuo e nudo di sovrastrutture, necessario a svelare la più semplice e piacevole delle realtà?
Altri esempi?

«Un esperimento che resta interessante di per sé: non è facile disegnare una strip al giorno» (Davide Calì, www.exibart.com, 5 dicembre 2007)

Il primo dei suoi Sketchbook diaries, uscito l’anno scorso in Italia, non aveva entusiasmato. Questo secondo volume, che raccoglie le strip disegnate tra il 1999 e il 2001, dopo un breve periodo di interruzione, conferma la prima impressione. Cosa c’è d’interessante nell’assistere alle noiose giornate di un fumettista del Vermont alle prese con il gatto da spulciare, l’avanzare della calvizie e la ricerca di un punto nel muro in cui piantare un chiodo senza centrare l’impianto elettrico? Anche James Kochalka è deluso dalle proprie strip ed è tentato dall’idea di lasciar perdere. È la moglie Amy a insistere affinché prosegua, perché smettere significherebbe rinunciare a un progetto al quale teneva.
Forse il fumetto non perderebbe poi granché. La cronaca dei suoi dolori -gli fanno male i piedi, le orecchie, la milza- è interessante quanto sapere che il 13 giugno 2000 si è tagliato le unghie dei piedi, mentre il 13 novembre, pulendosi il fondoschiena, si è sporcato la camicia. Ma forse proprio questa quotidianità rende Kochalka vicino a noi, malgrado la distanza che ci separa dagli Stati Uniti. Esattamente come molti di noi, James preferisce lo zucchero all’aspartame, attende con impazienza il computer nuovo, prende a calci il gatto nel sonno, è colto dal terrore alla sua prima lezione di pittura al college dov’è stato chiamato a sostituire un professore, pensa al fondoschiena (ancora) di sua moglie viaggiando in treno, beve troppa birra -e troppo vino, troppo Martini, troppa Tequila-, disegna occasionalmente vestito da donna, è rimasto deluso dall’arrivo del 2000 e, arrivato in cima a un monte, non trova niente di meglio che pisciare al vento.
Al di là del risultato, alla base del diario c’è un esperimento che resta interessante di per sé: non è facile disegnare una strip al giorno. La tentazione, leggendo questo secondo diario, è quella di pensare che chiunque avrebbe di meglio da raccontare. Ma raccontare non basta; c’è anche il disegnare: Kochalka disegna in treno, all’aeroporto e persino una notte in spiaggia, alla luce di un falò. Non rinuncia mai alla sua strip. Disegna ubriaco e mezzo addormentato. Disegna anche la sera in cui ha lasciato a casa il materiale con cui lavora di solito e quella in cui, durante un concerto, è rimasto quasi fulminato da un microfono in corto.
Trascorso il noioso 2000, Kochalka accoglie il nuovo millennio con un nuovo proposito: non comprare più caramelle. Inutile dire che, per sapere se ha mantenuto l’impegno, dobbiamo attendere il terzo diario.

end faq

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I libri di James Kochalka pubblicati da Fernandel: