André Breton, Pesce solubile


Pesce solubile
Pagine: 148
Isbn: 9788832207668
Introduzione e traduzione di Emanuele Pini
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: 12 aprile 2024
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A cent’anni dalla nascita del surrealismo, Pesce solubile di André Breton appare per la prima volta tradotto in italiano. Pubblicate nel 1924 insieme al Manifesto del surrealismo, queste 32 brevi storie dove «le parole fanno l’amore» rappresentano il primo esperimento di testi automatici propriamente surrealisti, in cui la letteratura è l’occasione per liberare l’immaginazione e l’inconscio in una modalità contraddittoria e fertilissima. Testi da cui emerge la potenza di una fantasia incontenibile, che non può essere frenata né dai valori borghesi né dai dettami della ragione o dalle cristallizzazioni del linguaggio.
Forse questo pesce solubile è proprio l’uomo, l’autore tanto quanto il lettore, la cui coscienza si dissolve nella pratica dell’automatismo, perdendosi nel proprio elemento: «I muri di Parigi erano ricoperti di manifesti che rappresentavano un uomo mascherato da lupo bianco, che teneva nella mano sinistra la chiave dei campi: quell’uomo ero io».
L’edizione è arricchita da un’introduzione e un apparato di note che aiutano il lettore a scoprire i segreti di un testo caleidoscopico.

In copertina: André Breton in una foto del 1924
André Breton André Breton

André Breton (1896-1966) è stato uno scrittore, poeta e critico fra i più influenti della letteratura francese del ventesimo secolo. Padre del surrealismo, per oltre quarant’anni ha guidato il movimento, restando in contatto con i più importanti intellettuali del suo tempo. Alcuni suoi testi, come il Manifesto del surrealismo (1924), Nadja (1928) e L’amour fou (1937), hanno contribuito a creare una nuova visione della letteratura e sono ancora oggetto di rilettura e di studio.


3.

A quei tempi intorno a Place de la Bastille tutti parlavano di un’enorme vespa che la mattina scendeva lungo il boulevard Richard-Lenoir cantando a squarciagola e ponendo indovinelli ai bambini. Questa piccola sfinge moderna aveva già mietuto un bel po’ di vittime quando io, uscendo dal caffè sulla cui facciata qualcuno aveva ben pensato di mettere un cannone, anche se la Prigione che sorgeva da quelle parti forse oggi passerebbe per una costruzione leggendaria, incontrai una vespa col vitino da bella donna che mi chiese indicazioni.
«Mio Dio, mia bella, le dissi, non sta a me fare la punta al tuo rossetto. L’ardesia del cielo è stata appena cancellata e sai che i miracoli non sono altro che mezze stagioni. Tornatene a casa, abiti al terzo piano di un bel palazzo, e anche se le tue finestre danno sul cortile, troverai forse modo di non importunarmi più».
Il ronzio dell’insetto, insopportabile come una congestione polmonare, copriva in quel momento il rumore dei tram, che per trolley aveva una libellula. La vespa, dopo avermi fissato a lungo, al fine senz’altro di testimoniarmi la sua ironica sorpresa, mi si avvicinò e mi disse all’orecchio: «Torno subito». Infatti sparì, ed ero lieto di essermene liberato così a buon mercato, quando mi accorsi che il Genio della piazza, di solito molto vigile, sembrava aver le vertigini e sul punto di lasciarsi cadere sui passanti. La mia era sicuramente un’allucinazione dovuta al gran caldo: il sole infatti mi impediva di trasmettere rapidamente i poteri naturali, perché era simile a una lunga foglia di pioppo e dovevo soltanto chiudere gli occhi per sentir cantare le polveri.
La vespa, che avvicinandosi mi aveva comunque fatto spro­fondare in un gran malessere (da alcuni giorni si faceva di nuovo riferimento ad abilità pungitive misteriose che non rispettavano né il fresco della metropolitana né le solitudini dei boschi), la vespa non aveva mai smesso del tutto di farsi sentire.
Non lontano da lì, la Senna inspiegabilmente trasportava un busto di donna assai raffinato, nonostante fosse privo di testa e di membra, e alcuni furfanti che avevano appena segnalato la sua apparizione affermavano che il busto era un corpo intatto, ma un corpo nuovo, un corpo come non si era sicuramente mai visto, mai toccato. La polizia, sulle spine, si era mossa, ma siccome la barca lanciata all’inseguimento della nuova Eva non era mai ritornata, aveva rinunciato a una seconda spedizione più costosa e aveva accettato l’idea che i bei seni bianchi e palpitanti non fossero mai appartenuti a una creatura vivente simile a quelle che ancora tormentano i nostri desideri. Lei era al di là dei nostri desideri, come le fiamme, ed era in un certo senso il primo giorno della stagione femminile della fiamma, un unico 21 marzo di neve e di perle.

Rassegna stampa
  • Un incontro sul surrealismo con il traduttore e curatore di Pesce solubile («Giornale di Olgiate», 4 aprile 2024)


  • «Un libro documento e, nello stesso tempo, una preziosa fonte di simboli, immagini, metafore, visioni» (Giacomo Cerrai, Imperfetta Ellisse.it, 19 aprile 2024)