Senza canottiera
O
ggi è venuta Asia per farci le foto.
Io volevo prima fare merenda ma lei praticamente mi ha trascinato in cameretta. «Prima tu a me», ha detto mentre mi metteva in mano il suo Nokia. In un attimo si è tolta il maglione e la canottiera, così, senza fare una piega anche se in camera mia c'è freddo, perché è a nord, ed è rimasta in jeans e reggiseno, il solito push-up nero che si mette di nascosto da sua madre per far sembrare che ha più seno. Ha una prima, poverina, anche se insiste che è "praticamente" una seconda, come la mia, solo che io ho davvero una seconda, giuro, lo dicono tutti che sono molto sviluppata per avere tredici anni. Lei invece è troppo magra, e con la testa grande che la fa sembrare un po' un cartone giapponese. Infatti per dire allo Slurp i maschi guardano me e lei non la vedono neanche, quasi, e anche per questo credo di solito è un po' timida, e le va bene quello che decido io o gli altri. Di questa storia delle foto invece, è lei che ha avuto l'idea. Io non ero tanto convinta, ma lei ha insistito finché ho detto di sì.
Era scatenata, faceva delle mosse una dietro l'altra e mi diceva quando dovevo scattare. Si abbassava uno spallino o tutti e due, si chinava schiacciando il petto tra le braccia per farlo gonfiare, metteva i pollici dentro i jeans come per tirarseli giù... Il tutto con le labbra aperte e le palpebre mezzo abbassate: secondo me aveva già fatto tante prove allo specchio a casa. Mi faceva un po' ridere. Si è anche tolta il reggiseno e si è coperta i capezzoli coi capelli.
Dopo non so quanto ha deciso che poteva bastare. Mi ha strappato il telefonino di mano e riguardava le foto intanto che, seduta sul letto, cercava anche di rivestirsi.
«Bella... Bella questa, no? Secondo te?»
Ha trafficato un po' coi gancini del reggiseno, si vede che non è abituata, io ci metto niente ormai, e ha rigirato il maglione che era ancora a rovescio.
Le piaceva soprattutto la foto coi capelli davanti.
«Mah, sì, sono venute bene», ho detto mentre si infilava il maglione. Non volevo darle un dispiacere. E poi magari mi faceva ricominciare da capo.
«Scommetto che per tutte Dado mi dà almeno dieci euro» ha detto lei tirando il maglione per far uscire la testa.
«Dieci? Te l'ha detto lui?». Dado è uno di terza che viene allo Slurp.
«Si sa. Forse quindici, dipende». Con le mani ha tirato fuori dal buco anche i capelli, tutti volanti per l'elettricità.
«La canottiera», le ho detto.
«Eh?»
«La canottiera, non te la sei messa. È sulla poltroncina. Non te la scordare, quando vai a casa».
«Ah, sì. Non le sopporto le canottiere».
«Neanch'io».
Finalmente siamo andate in cucina a farci tè e biscotti. In cucina c'era un bel caldino.
«Facciamo i compiti?» Ho detto quando abbiamo finito la merenda.
«Eh? Ma adesso dobbiamo fare le tue, di foto».
Io ho detto che non mi andava tanto, ma lei ha cominciato a sclerare, che eravamo d'accordo di farlo tutte e due, che non era giusto, che non ero una vera amica allora! Si è arrabbiata un casino! Questa è proprio una novità, di darmi addosso così. Di solito non litighiamo mai. Invece stavolta sembrava che mi volesse mangiare la faccia se non le facevo, ’ste foto. Allora alla fine ho detto di sì, OK, che le facevo, di aspettarmi in camera che andavo un attimo a prepararmi.
Però avevo proprio le scatole girate dal suo tono e ho deciso che volevo fargliela un po' pagare. Nel comò di mia madre ho preso un reggiseno della Perla, molto sexy, di pizzo prugna; mi sono truccata bene gli occhi e messa un bel po' di gloss rosa; a testa in giù ho spazzolato forte i capelli poi li ho buttati indietro, per dare più volume. Mi sono guardata allo specchio grande: dimostravo almeno cinque anni più di Asia. Mi spiace per te, ho pensato, ma quando Dado vede le mie foto le tue non le vuole neanche gratis. Infatti lei c'è rimasta di legno quando sono rientrata... Doveva pensarci prima di trattarmi male, però.
Non parlava quasi: solo mettiti così, fai cosà, questa è venuta da schifo, così stai malissimo, tutte cose che diceva apposta perché ce l'aveva con me. Allora io ho cominciato a fare delle pose esagerate e delle smorfie, come una presa in giro di quello che faceva prima lei.
«Così?» e ridevo. «E così?»
«Basta!» Fa lei, e sbatte il mio telefonino sulla scrivania.
«Ma sei cretina? Se si rompe?»
«Tu fai solo la scema! Potevi dirlo subito! Per una volta che-»
«Ma scusa, se mi sono anche fatta bella per le tue cacchio di foto, cosa vuoi di più, eh?»
«Sì ma tu non...» era rossa in faccia e le tremava il mento. «Per una volta che... che...»
«Che...?»
Ma lei ha scosso la testa, poi di scatto è andata a raccattare la sua canottiera, ed è rimasta girata verso il muro tenendola appallottolata in mano. Respirava forte dal naso.
«Be'?» ho detto dopo un po', visto che ormai avevo la pelle d'oca.
Ha ficcato la canottiera nella tasca dietro dei jeans, malamente, che penzolava mezza fuori. Poi si è girata, ma senza guardarmi in faccia, e ha ripreso il telefonino che le porgevo. Mi sono messa in posa.
© novembre 2009 Francesca Violi